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Milena Verde l’angelo foriano che tiene in vita chi si opera quando il cuore è fermo 

milena

«Sono tecnico perfusionista… Nelle mie mani la vita di molte persone»

Dior – Milena Verde una giovanissima foriana si è laureata in tecniche di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, in maniera più abbreviata tecnico perfusionista, nel 2007. A tre anni della laurea in quest’ambito così particolare abbiamo voluto intervistarla per capire in cosa consiste il suo lavoro e gli aspetti umani di una professione che assiste le persone in momenti critici della propria vita.

Milena perché hai scelto questo lavoro?
«La scelta per questo corso di laurea inizialmente è stata casuale, ma col proseguire gli studi ho visto che comunque era interessante e così mi sono appassionata a questo lavoro; anche se l’ambiente della sala operatoria, in generale, non uno dei migliori».

In cosa consiste il tuo lavoro?
«Io ora sono un tecnico perfusionista, e mi occupo della macchina cuore polmone durante le operazioni al cuore e ai grandi vasi. Per capirci, la macchina cuore polmone mantiene la circolazione sanguigna del paziente in modo che, anche se il cuore è fermo (lo arrestiamo chimicamente per poterci lavorare), gli altri organi sono comunque mantenuti perfusi dal sangue, in caso contrario avremmo un’insufficienza multiorganica e quindi la morte del paziente sia a livello cerebrale sia a livello di fegato, reni e intestino. La macchina, quindi, è indispensabile per compiere la circolazione extracorporea. Si utilizza negli interventi di bypass coronarici, sostituzioni valvolari (mitrale, tricuspide, aorta) nelle asportazioni di mixomi atriali ovvero tumori dell’atrio, nei trapianti d’organo, e molto altro. Un altro compito del perfusionista è l’emodialisi, e quindi nei casi con pazienti con insufficienza renale. Possiamo anche lavorare in emodinamica, dove si realizzano i bypass coronarici non a cuore aperto come invece avviene in sala operatoria ma con un sondino che dalla femorale del paziente viene mandato direttamente nel cuore e da lì con uno stent (una gabbietta cilindrica) si riaprono le coronarie del paziente».

Un lavoro difficile e per certi versi rischioso?
«Questo tipo di lavoro deve piacere davvero tanto per poterlo fare. Non è facile lavorare sapendo che nelle tue mani c’è la vita di una persona che è sottoposta a un intervento al cuore per migliorare la propria qualità di vita e che ogni minima distrazione può provocare danni anche permanenti al paziente. Però questo lavoro da anche grosse soddisfazioni per il buon lavoro fatto quando vedi tornare a casa i pazienti con le proprie gambe e in condizioni migliori rispetto all’ingresso in ospedale».

Come si accede a questo corso?
«La figura del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria è formata in ospedale con un corso parauniversitario della durata di tre anni che conta di solito, secondo le scuole, una media di cinque studenti per anno, e che comprende sia lezioni la teoria sia ore obbligatorie di pratica da svolgere in sala operatoria».

E’ facile trovare un posto di lavoro come tecnico perfusionista?
«La mia figura professionale è riconosciuta per lo più in abito cardio chirurgico, come parte dell’equipe chirurgica, perché gestisce la circolazione extracorporea durante gli interventi cardiochirurgici e annessi. Mentre in cardiologia, non avendo un albo tutto nostro, la figura del tecnico perfusionista non è ancora accettata a pieni titoli. Per quanto riguarda le possibilità di occupazione si deve dire che la figura del perfusionista è richiesta negli ospedali ma che a causa delle finanziarie degli ultimi anni spesso l’assunzione a tempo indeterminato è ostacolata, comunque solitamente sono offerti contratti a tempo determinato che sono altrettanto vantaggiosi e che frequentemente conducono a un’assunzione stabile. Quello che dispiace è che come lavoro sia disconosciuto anche a livello statale. Se dovessi iscrivermi nelle liste di disoccupazione questo titolo di studio non compare. Se dovo fare la carta d’identità, l’impiegata deve essere così gentile da scrivermi a mano qual è la mia professione perché, anche in questo caso, il titolo non esiste nelle liste statali, eppure come lavoro è sicuramente di grossa importanza. Sarebbe il caso di prestare maggiore attenzione a queste figure professionali assolutamente indispensabili».

Quali sono le tue prospettive professionali?
«Ho scelto di fare questo tipo di lavoro perché ho la possibilità di contribuire a far stare bene le persone che ne hanno bisogno e in situazioni più critiche anche tentare di salvare la vita. Oggi le prospettive future per il tecnico perfusionista non sono rosee, è molto probabile che il nostro lavoro sarà destinato a ridursi e ci occuperemo per lo più di assistenze cardiocircolatorie e forse, si spera, saremo riconosciuti anche in cardiologia. Il mio desiderio è di poter continuare a esercitare questa professione, mi piace e lo faccio con passione».

Auguri Milena e ad majora!

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