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Alimentazione a impatto zero. Ecco alcuni dati da sapere 

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Anche mangiare, inquina. Il 25% dell’impatto ambientale pro capita dipende, infatti, dalle nostre scelte alimentari, da qui la necessità di ridurre l’impatto sull’ambiente del ciclo di produzione e consumo degli alimenti.

Il Comitato nazionale del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha deciso di adottare un programma nazionale per la riduzione dell’impronta di carbonio nel sistema agroalimentare. Il tema dell’impatto alimentare è stato trattato durante la “Quinta conferenza ministeriale su ambiente e salute”, promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità. Nella piramide dei cibi più inquinanti troviamo carne, pesce e uova seguiti da latte, formaggio e burro, mentre agli ultimi posti si classificano zucchero, pane, miele, vegetali e frutta. Secondo quanto riportato dalla Fao, la produzione di carne destinata all’alimentazione umana è responsabile dell’80% delle emissioni agricole. Il 22% d’impatto spetta infine all’agricoltura, che produce enormi quantità di emissioni di gas serra derivanti da attività umane. Uno studio pubblicato dall’Animal Science Journal mostra come ad ogni chilo di carne prodotta corrisponda la quantità di CO2 emessa da un auto di media grandezza ogni 250 Km, piuttosto che l’energia necessaria a illuminare una lampadina da 100 Watt per 20 giorni.

Più di 2/3 dell’energia prodotta è spesa per produrre e trasportare il mangime per gli animali.

Due i consigli alimentari più importanti:

Ridurre il consumo di carne, che andrebbe mangiata, massimo due volte a settimana, sostituendola con il pesce. I derivati della carne, infatti, sono responsabili del 51% delle emissioni di CO2 e del consumo di 5 milioni di litri d’acqua a persona. Così facendo si ridurrebbe enormemente l’impatto prodotto dalle filiere di allevamento intensivo, specialmente se la carne non è italiana e ha dunque subito un trasporto che pesa maggiormente sul tasso d’inquinamento. Ancora più preoccupante è che gli animali allevati nelle grandi filiere assumano circa l’80% della produzione globale di antibiotici. Un recente studio ha mostrato, infatti, come, tramite l’assunzione di carne, una persona possa ingerire un quantitativo pari a 5 trattamenti annui antibiotici.

Prediligere frutta e verdura di stagione, meglio se a km zero e non chimicamente trattata; non tutti sanno che le sementi sono preventivamente modificate dalle case produttrici in modo da prevenire malattie da agenti esterni (virus e parassiti) e atmosferici. Il trattamento chimico delle colture, peraltro disciplinato sia a livello nazionale che europeo, rimane dunque superfluo e dannoso sia per l’ambiente sia per l’uomo.

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