BOCCHINI “SPENNA” LA PEGASO
da Il Dispari in Edicola | L’Avv. Prof. Roberto BOCCHINI, nella qualità di curatore del Fallimento della Pegaso s.p.a. lancia fortissime e pesantissime “accuse” nei confronti di chi ha amministrato la società del Comune di Forio e per i quali chiede che il Tribunale Amministrativo di Napoli possa accertare e dichiarare la responsabilità di tutti i convenuti in solido per una somma complessiva almeno non inferiore ad € 5.421.215,00 ovvero in quella diversa somma, maggiore o minore.
I responsabili, secondo Bocchini, sono i Signori Ugo Gaeta, Salvatore Serpico, Francesco Calise, Francesco Paolo Monti, Nicola Fiorentino, Giovanni Regine, Nicola Savio, Antonio Bernasconi, Maria Elena Nonno, Pietro Russo, Ferdinando Amalfitano (Maria De Chirico, moglie/erede), Antonio Siciliano, Maddalena D’Abundo, Ciro Raia, Giovanni Tonon, Rosario Starace, Domenico Miragliuolo, Oscar Rumolo, Enzo Ferrandino e Michele Migliaccio, nonché il Comune di Forio.
Un lungo atto di citazione, quello redatto dall’Avvocato Alessandro Lipani, che invita i responsabili del danno secondo il procuratore fallimentare a comparire innanzi al Tribunale di Napoli per l’udienza del 15 gennaio 20, dove si ricostruisce tutta la storia della società poi messa in liquidazione volontaria. Errori di gestioni, gravi mancanze nei confronti dello Stato ma, soprattutto, scelte del tutto prive di logica che oggi vedono tutti impegnati nel difendersi da diverse “accuse” tutte ben documentate e motivate.
La Pegaso nasce il 30 maggio 1991 con un capitale di Lire 500.000.000 sottoscritto per il 51% dal Comune di Forio e per il restante 49% da operatori commerciali e turistici per espletare il servizio di trasporto pubblico urbano. Solo in seguito, il 28 gennaio 1993, le sarà affidata la gestione dell’attività di raccolta dei rifiuti solidi urbani, quelli cimiteriali ed altri minori. La sua “morte” è sancita con la sentenza 51/2011 quando nel mese di aprile dello stesso anno il Tribunale di Napoli dichiara il fallimento della Pegaso s.p.a. in liquidazione.
In conseguenza dell’affidamento dei rifiuti la società ha sempre patito serie difficoltà economiche ma soprattutto finanziarie, giacché, per effetto dei ritardi dei pagamenti del corrispettivo da parte dell’Ente affidante, nonché per una significativa mole di servizi richiesti extra contratto, si è verificato sin da subito un notevolissimo aggravio di costi, il che ha generato da una parte la necessità di ricorrere al credito bancario, e dall’altra l’incapacità o il ritardo nel pagamento dei debiti tributari e contributivi, con conseguente maturazione di ingentissimi debiti per sanzioni ed interessi.
Una situazione non felice che in fase di approvazione del bilancio di esercizio del 1998 rese necessaria, da parte dei soci, una ricapitalizzazione di 104.000 euro per ripianare le perdite, occasione che vide la partecipazione comunale aumentare dal 59 al 71%.
La forte denuncia di Bocchini continua, “La situazione non ha avuto, tuttavia, alcuno sviluppo positivo, giacché la società, anche a fronte del ritardo dei pagamenti da parte del Comune, ha continuato ad accumulare debiti, in specie verso il fisco e gli Enti previdenziali.
Nell’atto di citazione si evidenzia come il 30 luglio 2002 il Comune di Forio stipulò con la società fallita (la Pegaso) un nuovo contratto di affidamento del servizio rifiuti, comprendente tutti i servizi di igiene urbana, ivi compresa la raccolta differenziata integrata, oltre ai servizi cimiteriali. Un contratto valido fino al 31 luglio 2007 che prevedeva un corrispettivo annuo di Euro 2.595.796,04 oltre IVA.
Secondo Bocchini è evidente che il Comune, pur nella consapevolezza della condizione di virtuale liquidazione in cui versava la società, caratterizzata dalla perdita (seppure mascherata) del capitale sociale sin dal 2002, ha imposto e indotto gli organi sociali ad accettare un contratto non solo prevedente un canone insufficiente a coprire i costi di esercizio del servizio, ma soprattutto – considerata la precaria situazione della società, il cui capitale era già stato eroso in primis dai debiti tributari e previdenziali – totalmente inidoneo a consentire il ripristino degli equilibri di bilancio.
Un nuovo contratto di servizio, calcolato su un contributo inferiore al costo effettivo dello stesso, che ha penalizzato ulteriormente le casse della Pegaso, facendo accumulare le sanzioni e gli interessi per il mancato pagamento degli oneri tributari e previdenziali sulla voce in bilancio.
E’ severo Bocchini: “la società ha continuato ad accumulare perdite costantemente occultate mediante la mancata appostazione in bilancio delle sanzioni e degli interessi per mancato pagamento deli oneri tributari e previdenziali”.
Debiti che, secondo il procuratore, erano certi e acclarati in virtù della mancanza di risorse (canone inferiore al costo) e che non potevano essere ignorati.
E’ settembre 2007 e il Comune costituisce la nuova società con socio unico, Torre Saracena S.p.A., alla quale il 30 ottobre dello stesso anno la Pegaso cede il ramo di azienda comprendente la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani ed i servizi cimiteriali.
Smembrata del servizio killer, nel 2008 viene a galla tutta la massa debitoria della Pegaso fino ad allora celata e, con la registrazione a bilancio dei debiti fiscali e previdenziali della Spa, dal 2001 al 2008 si contano la bellezza di 6.210.665 dei quali 2.600.000 euro per sanzioni ed interessi nel frattempo maturati.
Guarda un po’, il bilancio 2007 registra un utile (fittizio) di Euro 7.544 mentre il bilancio del 2008 (ormai il servizio lo gestisce Torre Saracena come anche le posizioni previdenziali e contributive dei dipendenti) si chiude con la perdita netta di 3.275.336 euro!
La Pegaso smette di raccogliere rifiuti, ma continua ad esercitare l’attività per la quale è nata: il trasporto pubblico urbano fino al 28 febbraio 2009 e, dopo 6 mesi, finalmente, viene messa in liquidazione volontaria, è il primo ottobre del 2009.
Nel frattempo, Equitalia, concessionario della riscossione ha iniziato la sua attività di recupero del credito bloccando – come consentito dalla legge – qualunque pagamento proveniente da pubbliche amministrazioni. In altre parole, la Pegaso ha continuato a trasportare i foriani fino a febbraio senza ricevere il becco di un centesimo di euro dal Comune di Forio.
Solo in data 1.10.2009 la Pegaso S.p.A. è stata posta in liquidazione volontaria ed è stato nominato quale liquidatore il sig. Salvatore Serpico, già amministratore della società, il quale ha mantenuto la carica fino al fallimento della società.
Ormai la Pegaso è “morta”, ma la condanna definitiva arriva “post mortem” il 24 febbraio 2011 quando il Tribunale di Napoli dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato presentata il 14 dicembre 2010 dalla Pegaso guidata dal liquidatore Salvatore Serpico.
L’AZIONE DI RESPONSABILITA’
Il prof. Bocchini, nell’esaminare l’operato Pegaso si è avveduto di gravi irregolarità di gestione. Nonostante sin 2001/2002 la società poteva essere in liquidazione per l’azzeramento del capitale sociale, aveva di fatto continuato ad operare determinando un consistente aggravamento della debitoria.
Una negligenza assurda che su un passivo di 13.094.159 euro, 5.394.531,03 euro sono imputati a crediti in “privilegio”. Un responsabilità che il procuratore fallimentare attribuisce agli amministrazioni, ai membri del collegio sindacale e al socio “Comune di Forio” nei confronti dei quali esercita l’azione di responsabilità e il risarcimento dei danni.
Sulla responsabilità degli amministratori e del liquidatore della Pegaso S.p.A.
Come è noto la responsabilità degli amministratori può essere dichiarata nei casi di inosservanza degli obblighi previsti dalla legge o dallo statuto; nella specie deriva nella specie dalla mancata adozione delle cautele e dalla inosservanza dei canoni comportamentali che il dovere di diligente gestione impone, avuto riguardo alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze del soggetto.
Tale azione è fondata sugli addebiti di cui in appresso:
Secondo Bocchini, i membri del CdA e il liquidatore Serpico sono responsabili per la conclusione di contratti sostanzialmente iniqui e pregiudizievoli agli interessi della Pegaso e, nello specifico il contratto di affidamento del servizio di igiene urbana con il Comune di Forio del 30 luglio 2002;
- la violazione delle regole codicistiche e contabili nella redazione dei bilanci;
- la mancata segnalazione e tempestiva assunzione delle iniziative prescritte dalla legge nel caso di perdita del capitale sociale con la responsabilità per il compimento di nuove operazioni e per mancata conservazione del patrimonio sociale;
- il mancato pagamento dei debiti tributari e previdenziali, con il conseguente aggravio di sanzioni ed interessi.
Agli amministratori non viene richiesto di conseguire un risultato utile bensì di osservare una condotta diligente che è ragionevole attendersi da chi gestisce un’impresa. Tale diligenza nella specie è mancata e gli amministratori, in uno col Comune di Forio, posero in essere una condotta che avrebbe inevitabilmente segnato in senso negativo la sorte della Pegaso.
L’APPALTO SCONSIDERATO
Bocchini, criticando il contratto di affidamento del servizio di igiene urbana pone l’attenzione dei giudici amministrativi sulla considerazione che, già dalla lettura del capitolato si capiva che lo stesso non poteva assicurare una redditività tale da remunerare i fattori produttivi, giacché l’utile della gestione caratteristica veniva stimato nel 7%, ovvero 168.182 euro, senza considerare le imposte e i risultati della gestione finanziaria e straordinaria.
Non lascia spazio a giochi di parole o interpretazioni, Bocchini entra nel vivo della questione e, dal bilancio del 2001, tira fuori diverse criticità
a) si prendeva atto della necessità di una politica di investimenti, fermo restando il capitale di Euro 104.000;
b) vi era una perdita di gestione di Euro 175.234 e costi per Euro 3.263.729 di gran lunga superiori al corrispettivo dell’appalto, pari ad Euro 2.595.000 oltre iva;
c) il bilancio chiudeva con un risultato positivo di € 5.319,00 sol perché vi erano proventi straordinari per Euro 298.035, in mancanza dei quali vi sarebbe stata erosione del capitale;
d) vi erano, già nell’esercizio 2001, debiti tributari per euro 425.444 e previdenziali per Euro 678.536 che, certamente, per la loro entità in rapporto al fatturato, non potevano essere maturati in un solo esercizio ma dovevano essersi accumulati nel tempo; ed infatti, parte della debitoria fiscale e previdenziale emersa solo nel 2008 riguardava omissioni di pagamenti relativi agli anni anteriori al 2001 ed i connessi interessi e sanzioni;
e) i rapporti con il Comune di Forio, unico cliente e socio di maggioranza, già si caratterizzavano per i notevoli ritardi del primo nell’onorare le proprie obbligazioni.
Pertanto, trattandosi non di un contratto stipulato ex nova, ma del rinnovo dell’affidamento, è certo che sia il Comune che la Pegaso erano consapevoli della non rimuneratività della commessa e della sua dannosità per i risultati economico finanziari della gestione della attività di impresa; ed era altrettanto certo che la società, in base ai proventi di tale affidamento, nonché del comportamento contrattuale del Comune, socio di maggioranza, non sarebbe stata in grado di far fronte neanche alle spese ordinarie, ivi comprese quelle per il pagamento dei debiti erariali e contributivi.
I DEBITI TRIBUTARI E PREVIDENZIALI
Come già accennato la Pegaso S.p.A. aveva, sin dal 2001, ingenti debiti tributari e previdenziali:
nel 2001 per € 820.000
nel 2003 per € 1.627.000
nel 2005 per € 3.900.000
nel 2006 per € 4.979.000
nel 2007 per € 3.719.000
per divenire nel 2008 pari ad oltre € 6.250.000
Prima che i debiti tributari e previdenziali fosse iscritti a bilancio gli amministratori della Pegaso hanno atteso fino al 2008, nonostante l’aumento progressivo. Secondo Bocchino, infatti, gli amministratori iscrissero in bilancio questi debiti al valore nominale senza tener conto degli interessi e delle sanzioni che inevitabilmente il mancato pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali avrebbe comportato; mentre avrebbero dovuto prevedere, in ossequio ai principi di chiarezza e di rappresentazione veritiera dei dati di bilancio, un fondo rischi ed oneri per le sanzioni e gli interessi concernenti la debitoria verso il fisco e gli istituti previdenziali, anche in considerazione del sistematico ritardo ed inadempimento del Comune nel versamento dei corrispettivi, che determinava carenza della liquidità necessaria al pagamento di quei debiti ed anche, successivamente, di far fronte alla rateizzazione degli stessi e di ciò gli amministratori, ed i sindaci, erano ben consapevoli.
IL CREDITO VERSO IL COMUNE DI FORIO e gli errori nella compilazione del bilancio
Bocchino mette spalle al muro gli amministratori e, come un docente, sottolinea in rosso tutti i gravi errori commessi nella gestione della partecipata. Spesso, errori gravi, in mala fede e, volendo, da principianti. Secondo il procuratore, infatti, in sede di redazione e approvazione dei bilanci avrebbe dovuto anche essere previsto un fondo svalutazione dei crediti, soprattutto di quelli costituenti la frazione più rilevante della voce “crediti verso clienti” dell’attivo patrimoniale, cioè proprio il credito verso l’unico cliente, il Comune di Forio che, secondo lo stesso avviso degli amministratori, era un cattivo e lento pagatore.
Tale credito rappresentava circa il 90% dell’importo dei crediti v/clienti indicato nei bilanci di esercizio e, a partire dal 2002, è andato via via crescendo; in particolare, dopo essere stato nel 2004 e nel 2005 quasi pari all’importo dei servizi resi e dal 2006 sempre superiore all’importo di tali servizi, è lievitato, nel 2008, alla cifra di ben € 8.871.158,00.
In considerazione del costante ritardo nei pagamenti il credito vantato verso il Comune di Forio non poteva, nè doveva, essere considerato un credito a breve, e quindi riscuotibile entro i 12 mesi, ma un credito a lunga durata infruttifero, da iscrivere invece nei crediti v/clienti riscuotibili oltre i 12 mesi.
Tanto è testimoniato dalla costante necessità, per conseguire i corrispettivi dovuti, di promuovere azioni giudiziale e procedimenti arbitrali nei confronti dello stesso.
Oltretutto non sono mai stati addebitati al Comune interessi di mora, né mai, ripetesi, iscritto in bilancio un fondo di svalutazione. L’appostazione in bilancio del fondo rischi ed oneri e del fondo svalutazione crediti avrebbero, di fatto, evidenziato già dal 2001 una perdita di esercizio e, quindi, la necessità di ricapitalizzare la società.
Secondo Bocchini, già alla data del 29/6/2002, quando fu approvato il bilancio al 31/12/2001 gli amministratori, e in loro mancanza i sindaci, avrebbero dovuto senza indugio sottoporre all’assemblea la situazione patrimoniale per gli opportuni provvedimenti: o un aumento del capitale sociale o la trasformazione della società o lo scioglimento della stessa. Solo così si sarebbe evitato di aggravare la situazione debitoria della Pegaso.
7 ANNI DI RITARDO E DEBITI ACCUMULATI
Anziché porre in liquidazione la Pegaso gli amministratori conclusero un nuovo, dannoso, contratto con il Comune di Forio. E solo nel 2008 – cioè a ben sette anni di distanza – furono registrati nelle scritture contabili gli importi relativi a debiti fiscali e previdenziali cartolarizzati dalla Equitalia per oltre euro 6.250.000 il che ha consentilo di esporre, fittiziamente, utili in bilancio nei periodi successivi al 2001. Nonostante tale evidenza contabile nel 2008 ancora la società non veniva messa in liquidazione.
DAI VERBALI DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE del 2008…
Nel verbale del consiglio di amministrazione del primo luglio 2008, il Presidente non solo illustrò al Consiglio che erano maturati i termini per attivare l’azione esecutiva nei confronti del Comune di Forio per il recupero del credito rinveniente da un lodo arbitrale di cui aveva dato incarico, ma comunicò pure il blocco delle attività sociali per illiquidità, con conseguente fermo di ogni attività. Nel verbale del consiglio di amministrazione del 31 luglio, invece, veniva segnalato l’annullamento del rateizzo da parte dell’INPS, con sanzioni per euro 1.000.000 (un milione!)
Durante il consiglio di amministrazione del 9 agosto, invece, veniva ribadito il comportamento inadempiente del Comune di Forio relativo ai corrispettivi degli anni 2004-2007 ma si segnalava altresì che la mancanza di liquidità aveva determinato la revoca del rateizzo del debito tributario e previdenziale, mentre in quello del 19 settembre veniva ribadita che la società non disponeva di alcuna entrata ed i ricavi erano stati bloccati dagli Enti Creditori su disposizione di Equitalia spa., che vi era stata la revoca degli affidamenti e promosse le azioni di rientro da parte di banche e fornitori. Ma, ciò nonostante, ancora la società non veniva posta in liquidazione. Dovrà passare ancora un altro anno.
Se solo l’attività della società si fosse conclusa a quella data (cioè all’atto della approvazione del bilancio 2008 avvenuta il 9 luglio 2009), il patrimonio netto sarebbe stato di un valore negativo di euro 3.170.617 mentre nel 2009 il patrimonio netto negativo arriva a – 3.663.557, nel 2010 a – 5.395.048, nel 2011 a – 5.421.215. Il tutto rispetto ad un patrimonio netto positivo al 2002, anno dell’appalto, di euro 77.737. Insomma, in meno di due anni, vi è stato un aggravamento della perdita di ben € 1.757.658!
Le omissioni e le irregolarità contabili innanzi denunziate costituiscono violazione dei doveri incombenti agli amministratori, fonte di responsabilità nella misura in cui hanno determinato la raffigurazione di una falsa immagine della situazione economico-patrimoniale della società ed un concreto pregiudizio al patrimonio della stessa.
In particolare la mancata appostazione nei bilanci dei dati patrimoniali che già di per sé configura una responsabilità per la violazione del fondamentale principio di verità di cui all’art. 2423 c.c. – comporta l’obbligo di risarcire i danni per imposte e sanzioni che la società è, ed è stata, costretta a sopportare.
Le perdite – come si è visto – furono occultate già nel 2001, sicché già da allora la società doveva essere messa in liquidazione; quindi tutti i debiti successivi traggono origine dalla mancata messa in liquidazione e comunque sono conseguenza della conclusione del contratto-capestro con il Comune di Forio.
Pertanto, in difetto e li convocazione della assemblea ex artt. 2446, 2447 e 2448 c.c., sussiste la responsabilità degli amministratori per le nuove operazioni in base al vecchio testo dell’art 2449 c.c., abrogato dalla riforma del 2003 ma qui applicabile ratione temporis, nonché in base agli artt 2392, 2394, 2482, 2482 bis, 2485 e 2486 c.c.
L’art 2449 c.c. prevede(va) che “gli amministratori, quando si è verificato un fatto che determina lo scioglimento della società, non possono intraprendere nuove operazioni. Contravvenendo a questo divieto essi assumono responsabilità illimitata e solidale per gli affari intrapresi”.
E si intendono nuove operazioni tutti quei rapporti giuridici che sono svincolati dalle necessità inerenti la liquidazione e che comportano la assunzione di ulteriori vincoli per l’ente o siano destinati, nonostante l a società sia ormai virtualmente sciolta, al conseguimento di utili.
Per il periodo successivo al 2003 si applica l’art 2485 c.c., che simultaneamente dispone: “gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell’articolo 2484. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi”.
Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma, il tribunale, su istanza ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell’articolo 2484.
E si applica anche l’art 2486 c.c., il qua1e dispone “Al verificarsi di una causa di scioglimento e fino al momento della consegna di cui ali’ articolo 2487-bis gli amministratori conservano il potere di gestire la società, ai soli, fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei darini arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omis- sioni compiuti in violazione del precedente comma”.
Quindi – in uno stato di virtuale scioglimento – gli amministratori avrebbero dovuto gestire la società solo per preservare la integrità del patrimonio sociale. Invece, non adottarono le misure imposte dalla legge e rinnovarono il contratto di affidamento, continuando la attività di impresa non funzionale alla mera conservazione del patrimonio sodale.
Di seguito si riporteranno le principali operazioni compiute dagli amministratori, tutte nuove e comunque non funzionali alla conservazioni del patrimonio sociale. A stretto rigore tale elencazione non sarebbe necessaria giacché, essendosi in presenza di un’ipotesi in cui il capitale è andato completamente perso e sono trascorsi molti anni tra il verificarsi della causa di scioglimento e la messa in liquidazione, non occorre la indicazione e la prova dettagliata delle nuove operazioni e soprattutto la entità del danno causalmente ricollegabile alle singole nuove operazioni.
In data 30/07/2002, allorchè il capitale era già perso ed a seguito di delibera del consiglio di amministrazione del 16/l/2002, si è provveduto a sottoscrivere il contratto di affidamento dei servizi di igiene ambientale con il Comune di Forio.
Questa è la principale (ancorchè non unica) nuova operazione che giammai sarebbe dovuta essere intrapresa e che, a sua volta, ha generato la necessità di ulteriori, consequenziali, nuove operazioni che hanno indebitato la società.
Per effetto di tale contratto – per reperire i mezzi finanziari – gli amministratori furono costretti ad aumentare la entità degli affidamenti bancari ed a costituirne di nuovi (v. verbali del Consiglio di amministrazione del 28/9/2002, 18.11.2002, 13.12.2002, 3.12.2006). E furono deliberate nuove assunzioni anche di dirigenti (ing. Luca De Girolamo, cfr. verbale del 1.3.2004), personale a tempo indeterminato (12 unità: cfr. iverbali del 28.12.2002, 21.7.2003) e determinato (numero non specificato; cfr. verbali del 5.5.2003, 24.6.2004 e 4.5.2004- ove si specifica una spesa di Euro 178.554,66).
Furono adottate, e poi eseguite, le seguenti decisioni: di acquistare o prendere in leasing automezzi e beni strumentali, previo finanziamento (dr. i verbali del 6.8.2002, 18.11.2002, 21.7.2003, 14.11.2003,
23.12.2003, 24.6.2004, 12.3.2005, 20.4.2005, 4.5.2005, 16.5.2005 per un costo di curca Euro 300.000 oltre IVA- 10.5.2006 e 14.6.2006, per un costo di circa 600.000 Euro-14.9.2006), di noleggiare scafi per il trasporto marittimi (cfr. verbale del 21.6.2005), di stipulare nuovi contratti (con Inquinamenti s.r.l., verb. del 6.8.2002, con Beton Cantieri s.r.l. – alla quale, come si desume dai verbali del .11.2004 e 17.11.2004 sarà corrisposta la somma di Euro 250.000, con COBAT, verb. del 18.11.2002, con Lacco Ameno Servizi s.r.l., verbale del 29.3.03, con una non meglio specificata ditta ai fini della manutenzione degli automezzi, verb. 1.10.2003), la cessione pro solvendo al Banco di Napoli i crediti derivanti dal nuovo affidamento (verbale del 18.11.2002), a fittare una nuova sede (verbale del 28.9.2002), a richiedere consulenze e conferire incarichi professionali (cfr. verbali del
29.3.03, 23.12.2003, 16.1.2006, 21.2.2008), a richiedere ed ottenere l’incarico di gestire la riscossione della tariffa di igiene ambientale, T.I.A., ad assumere ex novo il servizio di distribuzione di energia elettrica dei cimiteri di Forio e Panza (verbale del 23.9.05), e quello di scuolabus per il Comune di Lacco Ameno (verbale del .11.2007), etc.
Nel 2008, come detto innanzi, si è preso atto della gravità della situazione, ma si è continuato nella esecuzione della commessa e la società è stata posta in liquidazione solo il primo ottobre 2009.
Di quanto innanzi sono responsabili gli amministratori succedutisi nella carica a partire dalla approvazione del bilancio al 31/12/2001, cioè tutti coloro i quali sono convenuti nel presente giudizio, e cioè i signori Antonio Bernasconi, Ugo Gaeta, Elena Maria Nonno e Pietro Russo, Francesco Paolo Monti, Nicola Savio, Giovanni Regine, Ni cola Fiorentino, Salvatore Serpico, Francesco Calise e Ferdinando Amalfitano. Poiché però quest’ultimo e deceduto in data 2/10/07; viene evoca to il coniuge sigra Maria De Chirico, di cui si chiede l’accertamento di erede tacito ex art 485 c.c.
Gli amministratori sono responsabili sia per non avere adottato le misure ex artt 2482-2482 bis e 2485 c.c, sia per non avere chiesto tempestivamente la declaratoria di fallimento della società; ed, in ogni caso, sono responsabili per avere assunto dal Comune di Forio una nuova commessa, ossia il contratto di affidamento del servizio rifiuti del 2002, in relazione al quale vi era la certezza non solo che non avrebbe generato ricavi ma neanche consentito -considerati i noti ed endemici ritardi nei pagamenti – di far fronte alle spese correnti ed in primis al pagamento di imposte, tasse e contributi.
1 = ll sig Salvatore Serpico, nella qualità di liquidatore è anche responsabile dell’aggravamento della debitoria per avere ritardato il fallimento della società.
Sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale della Pegaso S.p.A.
Parimenti responsabile è il Collegio sindacale, il quale – come è noto, è tenuto a vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento e deve assumere ogni iniziativa utile e necessaria, anche ai sensi dell’art. 2409 c.c., per far cessare gli atti di malagestio.
I componenti del collegio sindacale, ai quali ai sensi dell’art. 2407 c.c. viene richiesto di adempiere il proprio compito con la professionalità e la diligenza commisurata alla natura dell’incarico, sono solidalmente responsabili con gli amministratori per i danni subiti dalla società e dai creditori sociali che avrebbero potuti essere evi- tati mediante l’adempimento degli obblighi di vigilanza ed inter- vento.
Invero, come è noto, l’art 2407 c.c. dispone che i sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno co- noscenza per ragione del/oro ufficio. Essi sono responsabr1i solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il dnu-
7lO non si snrebbe prodotto se essi avessero vigilato hz conformità degli obblighi della loro caricn. All’azione di respousnbilità contro i sindaci si applicano, in qzumto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393,
2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395 cc”.
E sostanzialmente identica è la norma sotto la vigenza della vecchia disciplina.
Sicchè del danno determinato al patrimonio della società, ed ai creditori sociali, sono responsabili i signori Enzo Ferrandino, Oscar Rumolo ed Antonio Siciliano Domenico Miragluiolo, Ciro Raia (in carica fino al 18.11.201O, poi sostituito dalla sig.ra Maddalena D’Abundo), Giovanni Tonon e Rosario Starace nonché Michele Migliaccio, con la precisazione che quest’ultimo, pur essendo un sindaco supplente, ha sostituito il sindaco dimissionario Antonio Siciliano ed ha sottoscritto la relazione accompagnatoria all’approvazione del bilancio 2003.
Né potrebbe sostenersi in contrario che i sindaci rivolgevano inviti gli amministratori a regolarizzare le poste di bilancio e ad assumere iniziative contro il Comune di Forio.I sindaci, infatti, nell’e- sercizio del loro potere di controllo, non devono limitarsi a segna lare le irregolarità al Consiglio die amministrazione; ma devono adottare tutte le misure e gli strumenti che la legge conferisce loro per salvaguardare ilpatrimonio della società ed elidere o contene re ildanno (non ultimo il ricorso all’art 2409 c.c.).
Per quanto concerne la quantificazione del danno, si precisa che tra il momento di perdita del capitale sociale e la data della dichiarazione è trascorso un lungo lasso di tempo (nove anni); inoltre, come già osservato, la situazione patrimoniale esposta in bilancio non è veritiera, giacché, da un lato, non sono riportati i debiti verso il fisco e gli istituti previdenziali e, dall’altro, non si è provveduto ad una adeguata svalutazione dei crediti verso il Comune. Pertanto, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, la quantificazione del danno può essere certamente operata in via equitativa, con la differenza tra i patrimoni netti tra il momento in cui si è verificata la causa di scioglimento ed il momento della messa in liquidazione della società ovvero del fallimento
In alternativa, tenendo anche conto della falsità dei bilanci e della incompletezza della documentazione rilevata anche dal Tribunale nel decreto di rigetto della proposta di concordato, potrà farsi luogo, parimenti in via equitativa ex art 1226 c.c. al criterio del disa vanzo fallimentare (v. ex multis Cass n 17121/2010; Cass n 2538/2005, etc).
Pertanto l’ammontare del danno per la ritardata messa in liquidazione della società e per le nuove operazioni può essere indicato, almeno, nel decremento del patrimonio netto dal 2001 a alla data del fallimento pari a
tutto rispetto ad un patrimonio netto positivo al 2002, anno dell’appalto, di euro 77.737.
Di tale danno sono solidalmente responsabili gli amministratori ed il liquidatore nonché i sindaci.
Sulla responsabilità del Comune di Forio d’Ischia
Come già chiarito in punto e li fatto la Pegaso s.p.a., società di cui il Comune di Forio deteneva la maggioranza del capitali (originariamente il51% e successivamente il 71%) , era sottoposta all’attività di direzione e coordinamento del detto Ente locale.
Orbene, come è noto, il soggetto giuridico che esercita un’attività di direzione e coordinamento rispetto ad una società controllata è responsabile quando cagiona un danno all’integrità del patrimonio di quest’ultima, e pertanto ai suoi creditori e alla loro aspettati va di prestazione, secondo lo schema del concorso del terzo nell’altrui inadempimento (il soggetto controllante depaupera il patrimonio della società controllata ponendola nelle condizioni di rendersi inadempiente rispetto ai propri creditori; cfr. ex multis, Trib. Napoli, séz, VII, decr. 26.5.2008 in D Fall., 12,2008 p. 1435).
E la relativa azione, quale azione “di massa”, ovverossia tendente a alla reintegrazione del patrimonio del debitore e pertanto ad aumentare la massa attiva, spetta certamente anche al curatore fallimentare.
A sua volta, l’art. 2497 c.c. dispone, al comma primo, per quel che qui interessa, che le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Con la precisazione, al successivo comma terzo, e sempre per quel che qui interessa, che in caso di fallimento di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore. 11 comma 6 dell’art. 19, D.L. lo luglio 2009, n. 78, convertito, con rnodificazioni, in L. 3 agosto 2009, n. 102, ha poi fornito l’interpretazione autentica della norma di cui al comma primo dell’art. 2497 cit., chiarendo che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriaJe ovvero per finalità di natura economica o finanziaria. La norma persegue l’evidente scopo di garantire che l’attività di direzione e coordinamento sia effettuata in modo da non pregiuclicare l’integrità del patrimonio della società controllata e, quindi, di tutelare le ragioni dei suoi soci o creditori (cfr. Trib. Milano, 17.6.201, inSocietà, 2012, 3, 258).
In argomento va ulteriormente premesso che – come è notò – l’attività di direzione si attua, da un lato, esercitando il voto di maggioranza nell’assemblea della società controllata e, dall’altro, per le materie non di competenza dell’assemblea, mediante la nomina degli amministratori e facendo valere il rapporto fiduciario che lega questi ultimi all’azionista di controllo. E nel caso in specie, non v’è dubbio che il Comune eli Forio, azionista di maggioranza della Pegaso, e perciò controllante ai sensi degli artt. 2497 sexies e 2369 c.c., ha esercitato, per tutto il periodo che qui interessa, il potere di indirizzare ed influenzare costantemente e totalmente le decisioni della società stessa, e pertanto l’attività di direzione e coordinamento. L’Ente locale, infatti, non solo ha adottato col voto determinante e decisivo tutte le decisioni dell’assemblea dei soci negli esercizi sociali dal2002 al fallimento, ma ha anche espresso tutti, o comunque la maggioranza degli amministratori della società, che peraltro sono stati sistematicamente eletti dall’assemblea all’unanimità su propria designazione; il che comporta, con ogni evidenza, l’avvenuto accentramento di qualsivoglia potere decisionale relativo alla Pegaso s.p.a. in capo al Comune azionista. Tale attività di dominio da parte dall’Ente locale è stata, tuttavia, nella specie, esercitata abusivamente, ovverossia non solo in situazione di conflitto di interessi, ma anche nell’interesse imprenditoriale proprio e con violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale.
In argomento, va specificato che le attività che il Comune di Forio ha affidato in gestione alla società Pegaso, ovverossia il servizio di trasporto pubblico urbano e quello relativo allo spazzamento e alla raccolta dei rifiuti, sono da inquadrare tra i servizi pubblici locali aventi ad oggetto l’attività di produzione di beni e servizi in forma imprenditoriale (i cd. servizi pubblici di rilevanza economica di cui all’art. 1 T.U.E.L.) e nell’interesse generale. Pertanto, in relazione a tale materia, l’Ente locale detiene la partecipazione nell’ambito di un’attività imprenditoriale o comunque per finalità di natura economica, e in tale ottica esercita il suo potere di direzione.
Neanche v’è dubbio, alla luce di quanto detto in tema di responsabilità degli amministratori e dei sindaci, che vi sia stata la sistematica violazione, per quel che qui interessa almeno a partire dall’esercizio 2002, dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale con riferimento alla società assoggettata al controllo.
Va in primis evidenziato che – come sopra ampiamente osservato – il Comune, socio padrone, pur nella consapevolezza della condizione di virtuale liquidazione in cui versava la società, caratterizzata dalla perdita (seppure mascherata) del capitale sociale sin dal2002, ha disposto la continuazione dell’attività sociale, senza ricapitalizzarla né ponendola in liquidazione ovvero richiedendone il fallimento e così aggravandone il dissesto.
Peraltro, addirittura dopo l’approvazione del bilancio 2008, allorché era divenuta chiaro lo stato di dissesto, i rappresentanti dell’Ente hanno disertato sistematicamente le assemblee che erano state indette al fine di adottare i necessari provvedimenti.
In argomento si ribadisce che, se la società fosse stata messa in liquidazione all’atto dell’approvazione del bilancio 2008, il patrimonio netto avrebbe avuto un valore negativo di Euro 3.170.617, mentre la continuazione della gestione ha portato nel 2009 ad un patrimonio negativo di Euro 3.663,557, cresciuto nel 2010 a -
5.395.048 e nel 2011 a -5.421.215.
Ma ciò che è ancor più grave è il cd. abuso di dipendenza economica, verificatosi, nella specie, mediante l’imposizione alla società, nel 2002, del nuovo contratto di affidamento del servizio rifiuti, a fronte di un canone non solo insufficiente a coprire i costi di esercizio del servizio, ma soprattutto – considerata la precaria situazione della società, il cui capitale era già stato eroso in primis dai debiti tributari e previdenziali – totalmente inidoneo a consentire il ripristino degli equilibri di bilancio.
In argomento, basti considerare che l’ultimo bilancio anteriore al nuovo affidamento del servizio espone un ammontare di costi pari ad Euro 3.263.729, ovverossia una somma di gran lunga superiore al corrispettivo di appalto (pari a circa 2.595.000 Euro oltre iva); ed a ciò si aggiunga che mediante l’affidamento del 2002 l’oggetto dell’affidamento viene comprendeva costosissime attività di raccolta differenziata, con l’obbligo e l’obiettivo di conseguire le percentuali minime prevista dalla legge.
E’ quindi evidente che il Comune, socio padrone della società affidataria, era consapevole che il contratto di servizio non avrebbe potuto generare alcuna effettiva remunerazione per la Pegaso s.p.a., né consentire il ripianamento dei deficit pregressi, ma unicamente perdite ed un progressivo e crescente decremento patrimoniale della società, costituito soprattutto dall’aggravarsi dell’indebitamento verso l’Amministrazione finanziaria e gli enti previdenziali; ciò nonostante, ha imposto, nel proprio interesse, la commessa a condizioni svantaggiose, attribuendo quale corrispettivo dei servizi non la somma che effettivamente garantisse la continuazione della vita della società, il che era necessario costituendo il Comune l’unico clinente della società, ma solo quanto in concreto il Comune stesso aveva stanziato nel proprio bilancio per l’espletamento del servizio.
Come se non bastasse, il Comune da una parte imponeva prestazioni extracontratto per fronteggiare situazioni di emergenza – rifiuti ed investimenti per attrezzature ed impianti – e dall’altra non corrispondeva il canone alle scadenze prefissate, privando la società dei mezzi per far fronte alle spese correnti ed ai pagamenti.
Pertanto, come è evidente, l’Ente locale utilizzava la partecipata, e condannandola all’insolvenza, per gestire il servizio, ma tale gestione era possibile solo non pagando le tasse ed i contributi, ed in o tal modo generando un’enorme debitoria che la avrebbe condotta
all’inevitabile fallimento.
Il Comune, quindi, quale socio padrone della società affidataria, ha abusato della sua posizione di controllo, imponendo un contratto- affidamento con corrispettivi insufficienti, il quale non solo non consentiva di recuperare le passività pregresse (peraltro fraudolentemente non esposte in bilancio), ma ha determinato l’erosione del capitale, fino al momento in cui, essendo divenuto insostenibile il prosieguo, ha provveduto a trasferire ad un altro soggetto, la Torre Saracena S.p.A., il ramo d’azienda e l’affidamento-capestro.
Tant’è vero che anche tale ultima società ha avuto vita breve, giacché dopo pochissimo tempo (nel 2010) viene sciolta e posta in liquidazione.
Così facendo, il Comune ha condannato la Pegaso all’inevitabile decozione, senza intervenire in alcun modo per ricapitalizzarla ed addirittura tenendola in vita per più di otto anni nonostante la perdita del capitale sociale.
Quanto detto consente di ritenere certamente sussistente anche un atteggiamento doloso o comunque gravemente colposo, che si apprezza non solo in virtù della palese violazione delle norme di legge a tutela dell’integrità del capitale e dell’interesse dei creditori, ma anche un comportamento connotato dall’assenza di buona fede nell’esecuzione del contratto sociale e dell’attività imprenditoriale, ed anche da un palese conflitto di interessi.
Tale abusiva attività ha determinato un danno ai creditori sociali che, per le ragioni sopra esposte, può anch’esso attestarsi sul decremento del patrimonio netto tra l’esercizio 2002 e la data del fallimento ovvero, alternativamente, e sempre in via equitativa, sull’entità del disavanzo fallimentare.