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Cresci presto, Praga! 

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Grazie a Tony e Sara, Catrin ed io abbiamo finalmente visitato Praga per tre giorni e mezzo. Una città affascinante, ancora lontana dalla proiezione europea che già altri stati dell’est hanno assimilato da tempo, ma che riesce a svelare un patrimonio artistico, culturale e religioso difficilmente riscontrabile altrove.

In questa città (come del resto immagino possa riscontrarsi in tutto il resto della Repubblica Ceca) emerge a tutto tondo la contrapposizione di due fasi storico-politiche di particolare importanza: dal Sacro Romano Impero alla dominazione austro-ungarica e, successivamente, l’avvento del comunismo.

Nel primo dei due periodi, questo Paese ha vissuto il suo momento di maggior splendore, dando alla luce la maggior parte delle sue attrattive che oggi fanno di Praga e dintorni un’ambitissima meta turistica: chiese, monasteri, palazzi reali, musei, piazze, castelli richiederebbero giorni e giorni di visita per essere ammirati come meritano.

Ciononostante, la successiva ascesa al potere del Partito Comunista Cecoslovacco e la successiva instaurazione della dittatura alla fine degli anni ’40, rappresentò una fase di totale arretratezza per questo paese, che se da una parte conservava il ruolo-chiave di paese altamente industrializzato, dall’altra viveva appieno la repressione di ogni qualsiasi forma di cultura alternativa a quella imposta dal regime: la Cecoslovacchia segnava il passo rispetto alla voglia di progresso di gran parte dei paesi vicini e la fortissima influenza dell’allora Unione Sovietica puntava finanche a distruggere, attraverso l’ateismo, la grande religiosità della sua gente. Tutto ciò che era legato alla precedente dominazione -dalla lingua utilizzata nelle scuole e nelle università alle minoranze etniche teutoniche- doveva essere allontanato a tutti i costi. E così fu, fino alla creazione dello Stato Federale nel ’69.

Questa brevissima parentesi narrativa vuol fungere da prologo a considerazioni di più ampio respiro che, per forza di cose, devono fermarsi allo spazio a disposizione di questa rubrica.

Ho letto nello sguardo di questa gente uno stato di frustrazione socio-culturale che rasenta la vera e propria inferiorità. Lo sforzo immane di imparare l’inglese per accogliere ospiti provenienti da tutto il mondo contrasta, ad esempio, con la totale incapacità di modulare un’offerta turistica che seppur conveniente, si perde del tutto rispetto a quegli standards propri dei paesi che vogliono “accogliere”: sette esercizi su dieci non accettano gli euro, sovente non è possibile pagare con carta di credito e l’evidente sottodimensionamento delle paghe rispetto ai parametri europei rende la maggior parte degli operatori palesemente svogliati e, soprattutto, demotivati rispetto al loro lavoro.

Occorrerà, con tutta probabilità, un ulteriore ricambio generazionale, prima che la Repubblica Ceca e i suoi abitanti (che nonostante tutti i loro limiti che oserei definire fisiologici, si sforzano lodevolmente di essere cortesi) riescano ad uscire da quel gap che il totalitarismo filosovietico ha radicato nel loro essere. Ciononostante, fino ad allora, visitare questa splendida capitale europea resterà comunque una tappa da non perdere.

Cresci presto, Praga!

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