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Giovanni Maltese, l’artista della “giustizia sociale” 

giovannimaltese

Ivano Fiorentino | A cento anni di distanza dalla morte di uno dei grandi geni che può vantare la storia millenaria di Forio è quanto meno doveroso ricordare la figura di Giovanni Maltese, al fine di rivivere quei momenti storici, non solo con un pizzico di nostalgia, ma con la rinnovata fiducia che Forio può essere l’incubatrice di sanissime e positivissime energie che, come il Maltese, hanno saputo esportare nel mondo il nome e le bellezze della nostra isola.

Ma chi era Giovanni Maltese? Era un uomo dallo sguardo penetrante e che sotto quei baffoni coprenti il viso, nascondeva un sorriso malinconico. Un sorriso amaro, come di colui il quale conosce il fatale destino dell’uomo e il carattere perverso della natura: feconda madre e al tempo stesso spietata matrigna.

Quella natura, infatti, se da un lato gli aveva fatto dono della capacità di “vedere” oltre le cose e di riprodurle materialmente rendendole “immortali”, altresì lo aveva privato di un’adolescenza felice, sottoponendolo nel corso della vita a continue e sempre più impegnative sfide, fino a giungere a quella estrema. Un’angina pectoris che, dopo due anni di ansie, di sofferenze e di vane cure, lo condusse alla tomba a 62 anni.

Proprio queste sfide, tuttavia, lo avevano rafforzato nel carattere e nello spirito, tanto da diventare interprete originale dell’uomo, narrandone i molteplici stati d’animo a livello individuale e collettivo, le passioni, gli interessi, l’amore, le sofferenze, le paure, ….

Attraverso la plasticità e l’anatomia delle sue statue, i chiaroscuri dei suoi bozzetti e i carboncini ha saputo immortalare l’essenza dell’uomo: la sua condizione di eterna conflittualità. Una conflittualità declinabile in generale tra la dimensione interna e quella esterna, sul piano fisico e quello mentale e più nello specifico nella sfera individuale femminile o maschile o in quella collettiva e sociale. Secondo l’amico e fratello di vita Luigi Patalano, l’artista foriano “… batteva la via maestra dell’arte, cogliendo nel vero le manifestazioni della natura e dell’anima umana e quel vero inquadrando nella luce e nel calore della sua visione fantastica: dandoci un’arte viva e parlante che ci rivela tutte le recondite bellezze del mondo che ci circonda e facendoci partecipi delle emozioni e reazioni suscitate da quel mondo nell’animo del poeta”.

Il suo nome, in genere, viene ricordato quasi esclusivamente o principalmente per le sue originali creazioni nel campo dell’arte figurativa. Ma Giovanni Maltese, figura geniale, dalla personalità semplice, umile e cordiale, era caro al popolo foriano anche per il suo impegno politico e per le sue poesie dialettali.

Nella ricostruzione fornita dal Patalano (di cui uno stralcio è riportato nel libro “Il riflesso di un arcobaleno sulla Colombaia: Luigi Patalano” di I. FIORENTINO, GRAUS ed. 2012) appare in modo evidente il perfetto connubio tra la dimensione artistica, politica e quella poetica.

Da grande idealista, partendo da un’attenta osservazione della realtà e con acuto spirito critico, egli dedicò la sua breve esistenza terrena non solo al culto del bello, ma più nello specifico allo diffusione dei principi liberali e democratici a livello locale. Nella più ampia visione “di giustizia sociale e di umana redenzione, la sua finalità era quella di sviluppare una coscienza popolare capace di sprigionare le migliori energie per il conseguimento del bene dell’intera collettività. Facendo ancora una volta ricorso a chi aveva avuto modo di conoscerlo da vicino e di condividere indimenticabili anni di profonda amicizia insieme anche a Giovanni Verde, per il Patalano il pensiero di giustizia sociale del Maltese era “…inteso non a secondare demagogiche passioni, ma a stabilire un giusto limite tra le secolari ingiustizie e le legittime rivendicazioni umane.

Giovanni Maltese, inoltre, riuscì altresì a trasferire la sua capacità artistica e la sua passione politica anche nel campo letterario realizzando nel 1883 il trittico del “CERRENNE” (in forma anonima col pseudonimo di N’ARDICA) e in seguito le “N’CROCCHIE” nel 1904. Quest’ultima, nello specifico, era una raccolta di poesie in dialetto locale volte a dipingere in modo fedele la vita umile e vera della Forio di quei tempi. Con grande abilità descrittiva, ha raccontato e tramandato ai posteri il paesaggio di Forio, i suoi colori, i suoi prodotti, i suoi sapori, facendo parlare i principali protagonisti della vita quotidiana: i contadini, i pescatori, i pastori, … che con il loro umile e duro lavoro contribuivano al bene della collettività.

Mentre a livello nazionale si sono da pochi mesi spente le luci per i festeggiamenti del 150esimo anniversario dell’unità nazionale, e si critica la poca attenzione dedicata alle virtù civiche e alla memoria storica, ritengo sia quanto meno doveroso rivivere la figura di Giovanni Maltese, per far conoscere alle generazioni attuali e a quelle future chi era l’artista della “giustizia sociale”.

Una valorizzazione delle sue principali figure storiche che con il proprio pensiero ed agire fattivo hanno posto le basi per lo sviluppo successivo e permesso alla nostra generazione di godere dei beni della natura concentrati in modo mirabile e suggestivo nella costa occidua dell’isola d’Ischia. Questo progetto, in particolare, volto alla giusta valorizzazione dei “gioielli di famiglia” dell’isola, permetterà anche alle generazioni future, mi auguro tra centinaia di anni, di ricordare ancora una volta tra i grandi di Forio la figura straordinaria di Giovanni Maltese.

A questo punto, immaginando di ritornare indietro nel tempo, per rivivere l’amore e la passione con cui il popolo foriano e isolano si stringeva intorno al feretro dell’artista e poeta Maltese, si riportano di seguito le parole pronunciate da Luigi Patalano nel corso dei funerali del 21 agosto 1913 a Forio:

Signori.
Io non posso parlarvi oggi di Giovanni Maltese – di questo uomo, di questo artista, di questo amico che fu per trent’anni il mio fratello di elezione – che ancor ieri sorrideva alla vita e che la morte ha ghermito quasi nelle mie braccia, in mezzo a una siepe di cuori che trepidavano intorno ed invano lo contesero alla inesorabile.

Gia’ da tempo Giovanni Maltese – minato da una terribile malattia – era, specialmente per quelli che lo amavano e che sapevano … un uomo condannato, finito; e per quell’egoistica virtù di adattamento alle più crudeli mutilazioni – che è comune a tutte le razze animali ed essenziale alla conservazione della specie, pareva che ci si fosse tutti, lentamente ma sicuramente, preparati a questa perdita irreparabile.

Pure, ben poche volte, io credo, l’annunzio d’una morte – di persona anche più illustre, o che pareva comunque collocata più alto nella pubblica estimazione – abbia suscitato nel nostro paese, e nella intera isola, una più larga e sentita unanimità di compianto.

Permettetemi, signori, di rilevare questo immenso retaggio di affetti, assolutamente inconsueto per un uomo che ben poco mescolò la sua vita alla vita ed alle passioni del suo paese; poiché questo retaggio, materiato essenzialmente di alte valutazioni morali, che non ha nulla di effimero o di obliquo, costituisce senza dubbio il miglior elogio che possa farsi dell’Uomo.

Ma permettetemi altresì che io vi additi la fonte viva di così larga eredità che a me sembra di ravvisare in due virtù, che sfolgorano sopra ogni altra e furono, per così dire, cardinali, nella vita e nell’opera di Giovanni Maltese – di questo superbo fiore di nostra gente rampollato direttamente dalle intatte riserve della matrice popolare – e furono due virtù che apparivano come connaturate all’animo di Lui – due virtù di cui i popoli sentono il profumo da lontano anche nelle loro ore più torbide: la bontà umana e la bellezza eterna. Due virtù che costituiscono i supremi ed irraggiungibili beni della vita.

Tutta la vita di Giovanni Maltese – dal prologo remoto, quando giovinetto trilustre ed orfano suscitava l’ammirazione dei compaesani incidendo con un temperino in bastoni di legno delle figure parlanti … fino allo epilogo di ieri, quando effondeva vittoriosamente in quella poesia foriana, non mai toccata prima, la piena esuberante del suo sentimento multanime: sempre, dal prologo allo epilogo, in tutta la varia e multiforme avventura della sua vita, egli Giovanni Maltese, seppe suscitare a se dintorno fremiti di verace bontà umana e visioni smaglianti di bellezza. In ciò, nell’aver visto quasi in lui materializzati i più dolci ideali umani, e nel sentir quasi allontanarsi con lui i più ambiti conforti della nostra via, e’ forse la più vera ragione che scolor in viso quanti siamo intorno a questa bara raccolti.

Ma a questo rilievo consentite ch’io mi fermi, o signori, rimandando a tempo più sereno una larga e doverosa disamina dell’opera dell’uomo e dell’artista, l’una e l’altra ben degne di essere additate ai giovani come esempi da imitare, di cui verrà grande onore al nostro paese e alla lui memoria. Lasciate ora che io taccia e pianga con voi, troppo oggi sarebbe superiore alle mie resistenze il riandare dettagliando il corso dei ricordi, dai quali egli balzerebbe più vivo, come una parte del mio cuore stesso ch’io dovesse poscia strapparmi. No, o signori: io non mi sento dotato della virtù di stoicismo del fachiro indiano per poter rigirare più lungamente il coltello evocatore nella fresca e sanguinante ferita del mio cuore. 

E però finisco augurando – meno a Lui che a noi stessi, e alla nostra reputazione di gente civile – che il nome di Giovanni Maltese, che fu senza dubbio l’espressione più geniale e più alta di tutta la interna ed esterna anima foriana, torni ancora sovente nei nostri ricordi, portando ancora e sempre, come in ricorrenti primavere, fiori di bontà e di bellezza.

O Giovanni, scultore poeta, fratello indimenticabile della mia vita, addio ! addio !

 

nelle foto: l’autoritratto di Maltese, Maltese da piccolo a Forio e Giovanni Maltese e la moglie Giovanna Fayrer

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