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Il carabiniere molto placidamente mi chiese: “Tu con chi vuoi andare? Con mamma o papà?” 

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Caro Gaetano, ogni promessa è debito.

E’ inutile raccontarti i fatti di una famiglia lacerata, distrutta dall’interno per una serie di avvenimenti. Una famiglia dalle potenzialità enormi si è sfasciata e chi ne ha pagato le conseguenze maggiori sono i figli, inutile dirlo. Non sto qua a raccontarti com’è andata, anche perché sarei facilmente identificabile e la cosa non mi va perché coinvolgerei altre persone di cui non ho il consenso.

Voglio partire dall’epilogo e fare delle considerazioni sulle conseguenze (tragiche) che hanno investito il resto della mia vita.

L’epilogo della mia vicenda familiare si ha in un autunno di qualche anno fa quando mio padre, messo alla porta, decide di distruggere tutto come ripicca verso la famiglia di mia madre. Sono passati anni, ma il ricordo è ancora vivissimo. Io tornavo da scuola, vidi una folla fuori  casa mia e non capivo. Ad un certo punto qualcuno disse ai carabinieri che erano accorsi: “questi sono i figli”. Il carabiniere molto placidamente mi chiese: “Tu con chi vuoi andare? Con mamma o papà?”

Vi posso dire che quella domanda, a cui io diedi subito una risposta, ha spezzato la mia vita in due, per sempre! In quel momento si è chiuso per me l’orizzonte paterno.

Da allora l’ho visto poco ma soprattutto l’ho cancellato dalla mia vita, dalla mia fantasia, dalle mie idee. Questo ha ucciso una parte di me. Quella parte che sognava di viaggiare e scoprire terre lontane. Quella parte che sognava terre calde d’Oriente ogni volta che lui mi leggeva le storie di Ali Babà o cercava di capire come si monta un trenino, quella parte tutta maschile legata all’essere padre che riguarda anche la spiritualità, la temerarietà, la voglia di avventura e di spaccare il mondo, l’incoraggiamento che solo un padre puo’ dare. Insomma ti manca nel computo delle “voci interne” quella paterna che in alcuni casi è indispensabile.

Chiudere un orizzonte genitoriale significa (lo affermo per esperienza diretta non perché l’ho letto da qualche parte) vivere a metà. I miei primi anni di vita senza mio padre sono stati come un lutto protratto, soffrivo senza rendermi conto di essere diverso dagli altri. Pensavo semplicemente  che la vita fosse cosi per tutti. Successivamente cominciai ad invidiare i miei cugini, i miei amici fino al classico tema  di terza elementare: “Parla del tuo papà”. Alla mia risposta che i miei  fossero separati (all’epoca non era di moda come adesso), i miei compagni mi guardarono come un marziano.

Chiudere un orizzonte genitoriale significa che di fronte ad una scelta si ripresenta il dilemma (mamma o papà), per cui si è portati a guardare quel che si perde piuttosto quello che si guadagna.

Strappare un bambino alla mamma od al papà significa in ogni caso segnarlo per sempre. Significa creare in lui delle lacerazioni profonde per cui il bambino si potrà sentire per sempre “spezzettato”, non un unità completa.  Puo’ anche succedere che il bambino si  colpevolizzazioni  (è tutta colpa mia)  rendendo il dramma familiare insanabile. In ogni caso, un trauma in tenera età, legato ai genitori  mina per sempre la sua serenità, la sua spensieratezza, il suo fondamentale diritto alla tranquillità ed alla protezione degli adulti. In me ha generato delle fantasie che io considero di protezione del mio Io, sognavo di essere stato adottato e che quella famiglia non fosse la mia. Che la mia vera famiglia mi avesse abbandonato per problemi economici ma che prima o poi mi avrebbero cercato nuovamente perché  mi volevano bene ancora. Alla fine preferivo sognare che mi avessero abbandonato piuttosto che essere stato abbandonato realmente a me stesso.

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