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“Teatro”. Cose di Sinistra di Antonietta Manzi 

Antonietta Manzi | La mattina di domenica 6 maggio ero in giro per i seggi, a sentire che aria tirasse e a contare quanti santini ancora volassero di mano professionale in tasca votante.

Tra le numerose perle raccolte in quei magici giorni di lavatrici e videotelefonini (ve la devo spiegare?), ricordo con affetto e voglio che venga tramandata ai posteri quella firmata da un brillante consigliere di maggioranza uscente – ma forse ora rientrante. Di fronte alle rimostranze mie e del mio accompagnatore rispetto all’imbarazzante tempistica dell’inaugurazione del “teatro” ad Ischia, l’interessante risposta è stata: “E che ce ne fotte, tanto ci stanno seimila fessi che ci votano lo stesso, anche se il teatro non sarà agibile prima di cinque anni”.

Non intendo commentare. E non rispondetemi che è un caso isolato, perché le ristrette dimensioni del nostro territorio ci permettono (purtroppo?) di conoscere da vicino e “fuori dal palazzo” molti dei personaggi piazzati sui Comuni. Siamo dunque condannati ad avere amministratori di questa caratura umana? Davvero rispecchiano la cittadinanza? Le risposte forse le conosco, ma non ci voglio pensare.

Nota: come contraltare alla pochezza esistenziale e politica di cui sopra, e in occasione del trascorso 2 giugno (un’altra celebrazione civile purtroppo intaccata dai virus del berlusconismo), volgo un pensiero alle parole di P. Calamandrei:  “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione”.

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