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Non uccidiamoli ancora! Salviamo le vittime del Terremoto 

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A Casamicciola Terme la realtà supera ogni immaginazione, supera anche la Livella di Totò. Oggi la visita del Soprintendente De Cunzo al cimitero

Nel 150esimo anniversario della tragedia si torna a gettare macerie, a distruggere e gettare per sempre nell’oblio un popolo. «L’Epoca» del 3-4 agosto 1883 recitava così: Addio, o poveri morti! [...] Per voi la commedia della vita ha avuto uno scioglimento inaspettato: una smorfia di questo Yorik, di questo buffone immenso che si chiama Terra, vi ha ingoiati, subissati, senza che ve ne accorgeste. Fu una tragica facezia o, se volete, uno sbadiglio del monte Epomeo. E più o meno ora sarà lo sbadiglio o l’estro del politicante di turno ad inghiottirvi per sempre cancellandone anche la memoria ed il sentimento a superare anche i limiti e l’immaginario che Totò narra nelal sua “A Livella”. Oggi a margine della procedura è giunto in quel di Casamicciola Terme il Soprintendente di Napoli De Cunzo che ha visionato le lapidi dove prima alloggiavano ed erano custoditi i corpi delle genti perite nel 1883, inglesi tedeschi, austriaci italiani, napoletani, una moltitudine che dava il senso ed il peso di chi e quanto frequentasse questi luoghi. Ma anche per il Soprintendente, a quanto pare, se le lapidi non presentano particolari fregi non hanno valore artistico potranno essere gettati tra i rifiuti comuni!
Ma allora il valore intrinseco, quello che va oltre il fregio, il senso ed il peso che quelle presenze danno alla nostra storia di terra ed isola prima fulcro del mondo, piccola nazione in una grande nazione, l’Europa prima che l’Italia stessa! «Fu forse la qualità di quei morti a parte, di quelle personalità del mondo agiato di mezza Italia, che, per la prima volta, fece prendere allo Stato italiano coscienza seria e meditata del problema sismico in cui, da sempre, si dibatteva lo spazio geofisico dell’Italia da poco unificata». «E non è un caso che proprio in quei giorni vi soggiornassero gli agiati genitori del Croce». Ad Aushwitz pure avrebbero dovuto fare lo stesso ragionamento?
Non so, ignoro in tutta onesta se le baracche, i pali di legno e le reti di filo spinato presentino particolari fregi, però se che ad Aushwitz sono stati conservati così com’erano i luoghi di morte e di dolore che hanno caratterizzato l’olocausto. Sono state conservate le pale, le carriole, i pigiami a righe e le scarpe, perché i posteri ricordino, perché il mondo ricordi, perché tanta tragedia non sia stat consumata invano.Invece a Casamicciola tutto va al macero. Quando furono aperte le lapidi i corpi erano quasi tutti composti e vestiti con accessori, nomi ben custoditi in bottigliette profumate scarpe, soprabiti, vestiti. Già allora tutto andò in discarica,senza attenzione alcuna. Non si sarebbe potuto custodire il tutto in un museo, visto che non si sono volute rispettare quelle sepolture?
Certo che non a chi frega di quegli sconosciuti che non danno percentuale e nuovi soldi?
A voi politici, a voi consiglieri passatevi la mano per la coscienza, non gettate quella gente nelle immondizie, preserviamoli, domani potrebbe accadere a noi ai nostri figli, qualcuno ci strapperà al mondo per sempre gettandoci nell’oblio perché servirà spazio.
Citando storici ed esperti, vogliamo riportare l’attenzione sulla scandalosa questione del cimitero di Casamicciola Terme. Vogliamo stigmatizzare l’atrocità e l’errore che si commette ai danni di morti inermi, prima vittime degli eventi ed ora di gente senza scrupoli o sensibilità.
Una questione aperta dai politici e pseudo tali che pur di racimolare una percentuale sui lavori e sulle opere hanno distrutto la memoria ed il patrimonio, forse non economico, ma intrinseco e di memoria che la nostra società conservava nel cimitero di Casamicciola Terme.E lo hanno fatto sotto gli occhi delle autorità di chi dovrebbe tutelarci e preservare il nostro patrimonio storico e culturale. Hanno distrutto per soldi, non c’è altra ragione, le tombe perpetue, i loculi dove alloggiavano i resti delle vittime del terremoto catastrofico che distrusse questo paese nel 1883. Tra pochi giorni quei resti strappati al loro eterno riposto, i loro monumenti saranno gettati nella mondezza senza ritegno, senza coscienza senza attenzione. Saranno gettati perché nessuno li reclama, come potrebbero dopo oltre un secolo, perché nessuno paga perché loro restino visibili ed in pace a futura memoria li dove i loro cari, all’epoca, decisero e pagarono perché riposassero per sempre nella terra che li aveva strappati alla vita. Eppure quei resti erano e potrebbero essere una risorsa, ma a quanto pare nessuno riesce a vedere più in la del proprio naso.
Nei prossimi giorni tenteremo di raccogliere consensi e come associazione Sarah Gary, oltre a denunciare tutto nelle sedi competenti, proporremo l’adozione simbolica di queste spoglie perché vengano degnamente sepolte.

LA STORIA NEGATA
Alcuni dati: il comune di Casamicciola contava allora 4.300 abitanti e il ter- remoto ne uccise oltre un terzo, avendo provocato 1.784 vittime, oltre a 448 feriti.
Sui quotidiani, il terremoto assunse subito i contorni di un’immane catastrofe: occupò le prime pagine dei giornali con articoli dai toni accorati . Il terremoto ischitano dell’ ’83 (il primo dall’Unità) che la «catastrofe naturale» richiamò l’attenzione nazionale come problema politico e socio-ambientale: non a caso, proprio in seguito a questa calamità, si diffuse l’espressione «è successa una Casamicciola».Già allora, inoltre, Ischia era una rinomata meta di turismo (insieme con i 2.333 abitanti del luogo, morirono nella sventura 625 forestieri7), soprattutto per le efficaci cure termali e per la proverbiale bellezza del suo mare: ciò contribuì ad acuire il già forte impatto emotivo che il terremoto provocò. Casamicciola, infatti, era un centro di raffinata mondanità8: vi si potevano ammirare pittore- sche rovine, tra le quali molte d’impianti termali risalenti all’antica Roma. Pertanto, in occasione del sommovimento tellurico, «quasi simbolo di un capo- volgimento epocale del mondo della sanità e della bellezza9, l’impressione dovette essere enorme agli occhi di un ben determinato milieu sociale, quello degli antichi clienti e del loro ambiente culturale»10. Teatro del fenomeno apoca- littico, infatti, fu quello della rinomata terra campana, dolcissima e terribile, tra vesuviana e puteolana (da Pompei ed Ercolano ai Campi Flegrei), scenario sia degli acquarelli di Hamilton sia della Ginestra leopardiana.
In quel decennio, si verificarono tre episodi di lutto nazionale, seguiti ognu- no dalle visite del Re Umberto I sui luoghi devastati: oltre alla tragedia di Casamicciola, anche l’alluvione del Polesine e il dilagare del colera a Napoli e a Ischia. Eppure, sebbene allagamento ed epidemia siano catastrofi di grande impatto distruttivo, tuttavia non contengono in sé una carica segnico-ideologica paragonabile a quella di un terremoto, che è imprevista sovversione di tutto e non dura che un istante: un immane boato e poi la morte e il silenzio. Posto in questi termini, il grande terremoto ha in sé contenuti allusivi che lo assimilano all’immagine della “fine del mondo”, alla katastrophé per eccellenza: l’istantaneità, la grandiosità totalizzante dell’evento, il paradigma del ‘capovolgimento’, la sua indescrivibilità, la sua imprevedibilità, il suo scardinare il nesso vitale tra spazio e tempo. Perciò, questo sublime arcano tellurico impressiona i superstiti in maniera così profonda e indelebile che di solito ne temono per mesi la ripetizione.
Gli insegnamenti da un terremoto, in Il terremoto del 28 luglio 1883 a Casamicciola nell’isola d’Ischia: «l’evento sismico rappresenta più di qua- lunque altra catastrofe il senso della fine e del principio delle cose: segna i luoghi di distru- zioni, di sofferenze, di morti in forma nell’apparenza indelebile ma li riapre ad un nuovo ciclo». Le cronache del terremoto di Casamicciola, forse anche per la valenza ludica dei luoghi, sottolineano drammaticamente questa condizione.
QUELLA TERRIBILE NOTTE
S’ode improvviso un rombo cupo e profondo; un boato orribile e tremendo o come una specie di mina che esplodendo sotto i piedi volesse sprofondare e inabissare la terra, accompagnata dall’urto strisciante di vento che tagliava gli arti ed il tronco. Contemporaneamente un moto sussultorio ed ondulatorio, uniti al vorticoso, produssero romore assordante che ripercuoten- dosi risuonava con un tono metallico speciale, fragoroso; in soli 13 secondi ebbe termine l’o- pera istantanea di distruzione, d’inaudito terrore e di generale desolazione. Nel medesimo tempo si sollevò un polverio opprimente, immenso e la più completa oscurità sorprese ogni superstite nel luogo ove si trovava; ognuno barcollando cadeva e l’isola intera fu coperta in dieci minuti da un vasto lenzuolo di morte e sepolcrale silenzio. Nel movimento sussultorio, i tetti, le travi, le mura, le volte ed i lastrichi si aprirono in varie direzioni e tutto fu lanciato in aria a vari metri d’altezza in guisa di piume, e così distaccati allontanati e gittati a distanza, lasciavano profonde voragini, orrendi spechi. Precipitavano confusi insieme uomini, donne, fanciulli, fino a raggiungere abbracciati ed ammonticchiati i pianoterra o le sottostanti cantine restando ivi sepolti e coperti dalle macerie, che ricadendo dall’alto formarono monti di rovine che furono la pietra sepolcrale di tanti infelici. Le vie erano scomparse, i rottami dei fabbricati di una strada sottoposta l’avevano ingombrata fino a farne scomparire ogni traccia.

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