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Per me puoi diventare un vero eroe 
EDITORIALE

SASSO

Non voglio rompere la festa a nessuno, né voglio sminuire le gesta di Gianni Sasso, ma una precisazione va fatta. Il nostro campione che, su una gamba e con le sue “amate” stampelle, sfida le maratone più ostiche, da Amsterdam a Berlino fino a New York è, di sicuro, un personaggio importante che ha attirato le attenzioni di molti, circondato da un coro di “Wow” e di esaltazione. C’è un misto di compassione, di riconoscimento dello sforzo che produce ammirazione. Gianni diventa icona di determinazione, di rivincita e, purtroppo, di egoismo.
Nella sua corsa alla vittoria contro le difficoltà della vita, fino ad oggi, Gianni è andato oltre e nella corsa non si è accorto di una cosa importante: sfruttare la possibilità di poter cambiare lo stato di “stop” di tanti ischitani.
Penso agli autistici adulti completamente abbandonati. Penso ai down che, dopo l’età scolastica, sono costretti a girovagare – se sono fortunati – chiusi dentro le loro case. Penso ai “miei” fantastici ragazzi di Villa Fasolara. Penso ai troppi diversamente abili che non hanno la fortuna e la forza dentro di poter reagire, di poter sfidare il freddo, la pioggia e il traffico ischitano per allenarsi.
Ben vengano le medaglie, le vittorie, i primati, i record del mondo. Si ben vengano, ma non restino soli.
Oggi, mentre tutti invocano il presidente del Forio Calcio come un’icona di uno sport che unisce e che non ha e non fa differenze mi piacerebbe che Gianni iniziasse a mostrare e a “correre” per il nostro sociale. I nostri diversamente abili soffrono l’indifferenza dei normodotati ischitani. Le scuole non sono all’altezza, i servizi sociali peggio che andar di notte, le assistenze completamente assenti.
E’ il momento, per Gianni, di indossare la maglia della collaborazione, della partecipazione della condivisione con i nostri “diversi”. Se le medaglie allievassero le pene, premierei i padri e le madri che ad Ischia crescono i loro figli diversamente abili.
Caro Gianni, ti saluto come uno di loro: “Pao Pao”

Da Il Dispari Settimanale del 1 novembre 2012

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